Author : Claudio Bru

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Coincidenze notturne e parole manomesse

Divagazioni su libertà e parola

di Claudio Brufola

Facebook tra molti demeriti indubbiamente ha anche molti meriti, come l’istantaneità delle notizie o la possibilità di avere “amici” in ogni parte del mondo.

Questo è notevole, apre possibilità infinite di conoscenza: altre culture, altre tradizioni, altri fusi orari.

Tra le varie amicizie virtuali con cui scambio opinioni e pensieri c’è un ingegnere iracheno, una donna, credo di circa trentacinque anni, che mi ha descritto il suo Paese con immenso amore, facendomi apprezzare l’antica cultura persiana e mostrandomi la sua rabbia contro questo manto nero di proibizionismo e oscurantismo arabo estraneo alla loro civiltà. Del resto la Persia, oggi Iran, fu anche la culla della nostra civiltà, l’origine di noi europei.

L’Iran vive un’ imposizione religiosa e culturale, subita e forse in parte anche voluta dagli iracheni.

ALGERIA ALGERI 2008

Dunque una pseudo religiosità che pesa sulla quotidianità della gente ed in particolare delle donne, che si sentono schiave a casa loro e che subiscono l’imposizione di costumi non propri e di comportamenti restrittivi alla propria libertà sia di pensiero che di azione. Un passo indietro e contro la libertà femminile che vessata la rende succube alla delirante egemonia maschilista.

Prima di dormire sono solito leggere qualche pagina e avevo tra le mani “La manomissione delle Parole” del grande Gianrico Carofiglio che apre queste 146 pagine citando G.K. Chesterton:

“Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi: i bambini già sanno che esistono. Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.”

L’autore afferma che ” Le parole servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l’effetto è il logoramento e la perdita di senso”.

Egli prende in modo arbitrario alcune parole per gioco, come vergogna, giustizia, ribellione e bellezza lasciando per ultima quella che esprime la più umana, pericolosa, nobile ed eroica fra le dimensioni umane: scelta.

ALGERIA ALGERI 2008

Ecco, immediatamente al solo leggere questa parola mi sovviene l’ultima discussione sul ruolo delle donne in Iran e in tante altre parti del mondo, poi rifletto sul fatto che ha numerosi sinonimi e nessun contrario.

Dire, o raccontare, e scegliere sono azioni che hanno una similitudine straordinaria, come la parola definisce il mondo cosi la nostra scelta lo cambia.

Dovremmo poter tutti scegliere come nascere, come vivere e morire. “Le politiche della paura, le culture dell’esclusione, etnica, culturale, sociale e della sopraffazione mascherate sotto il velo di principi etici e religiosi o di fittizie identità nazionali contraddicono quella stessa idea di libertà cui a volte dicono di ispirarsi. Esse violano il principio dell’autonomie delle persone, intese come soggetti capaci di scegliere, e naturalmente titolari del diritto di scegliere.”

Volendo definire scelta attraverso i suoi contrari direi che scelta è il contrario di rinuncia, di conformismo, di vigliaccheria, di vergogna, di indifferenza.

Fate la vostra scelta.

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Le foto a corredo di questo articolo sono state scattate nel 2008 ad Algeri.

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“Con la cultura non si mangia”

“Con la cultura non si mangia”
Malauguratamente con questa infelice frase un politico stilò chiaramente il profilo mentale di molti italiani.

Ebbene si, molti italiani ne sono convinti e lo credono ed in questa categoria purtroppo entrano in bella compagnia, anche molti “fotografi” o aspiranti tali, che per loro formazione ignorano alcuni presupposti che compongono e danno la maturità professionale in ogni mestiere, che si vorrebbe invece ottenere con scorciatoie comode e alla portata di tutti, con facilità cognitive, con assenza di pensiero, con metodi replicanti, con guardare per copiare, con “workshop take away”.

Di “campus” di “academy” di “on the road” e di simili lodevoli iniziative ormai se ne contano centinaia, la maggior parte con evidenti e precise finalità prettamente commerciali spesso mascherate o addolcite da marketing casareccio e da un circo mediatico che confonde e fa breccia sulle molte “anime belle” che vorrebbero conquistarsi l’ambito appellativo di “photographer” senza alcuno sforzo mnemonico adeguato, come specchi magici, che attirano competenza, stile, creatività che poi avrebbero acquisito una volta tornati umani, ma avendo tra le mani solo giocattoli costosi e nella mente poco o niente.

Generalmente siamo soliti non ricordare le nostre radici, i nostri trascorsi, che danno invece gli strumenti e la giusta misura per capire e confrontare le varie tipologie di offerte commerciali, per avere raziocinio, per avere capacità di scelta sul mercato dei bisogni professionali e su i percorsi di aggiornamento professionale. Stranamente mi sorprendo ancora osservando tanti “operatori fotografici”, che ignorano semplici meccanismi da “televendita” convogliati e indirizzati in “tritatutto fotografici” che prescindono dalla esigenza primaria che un fotografo dovrebbe avere: la cultura.

Del resto se fossimo coscienti di questo concetto “terra-terra” non ci sarebbe questa proliferazione di “personal trainer” che conducendoti per mano ti fa raggiungere in pochi e semplici passi “l’eccellenza fotografica”. Costruire da zero il tuo approccio alla professione semplicemente entrando nel “team”, ma che bella cosa sarebbe.

Anni or sono, quando il fotografo ebbe chiaro di essere un soggetto economico attivo, quando la sua coscienza rivelò che dovesse essere un protagonista, quando vera formazione e informazione gli diede autorevolezza per divenire un interlocutore con le aziende che si nutrono della sua passione e del suo lavoro, iniziò un decennio di collaborazione, di sperimentazione, di lotta all’ignoranza, di affermazione della cultura e della qualità in un “mercato” selvaggio in una professione tutta “self made”.

Furono anni utili alla cultura fotografica, alla professione fotografica e alle aziende di prodotti fotografici, che crebbero anch’esse come coscienza sociale, esperienza imprenditoriale formando, con questa contaminazione, i loro dipendenti e la loro forza vendita, trasformando alcuni di loro da semplici rivenditori di materiali fotografici ad “allenatori personali “.

Questo connubio fece maturare esperienze di uomini e aziende, attraverso format allora innovativi che vengono ancora oggi usati e abusati, in veste decisamente poco innovativa adattandoli, alla meno peggio, ai giorni che viviamo, che sono giorni difficili per tutti.

In questa crisi generale che vede le aziende tagliare investimenti e risorse a causa di un grave restringimento delle vendite, anche il settore della fotografia è in profonda crisi, mostrando numeri preoccupanti che assottigliano sempre di più margini di profitto.

I ricorsi storici, vedono atteggiamenti spesso inefficaci che raschiano il barile vuoto di idee, un inutile film fuori contesto, un contrapporsi al nulla. Se è vero, come diceva Einstein che la crisi economica può essere una grande bene­di­zione per le per­sone per­ché la crisi porta pro­gressi, non si deve però pretendere che le cose cam­bino se con­ti­nuiamo poi a fare le stesse cose; sarebbe sempre minestra riscaldata.

Signori, in questo modo non si costruisce nessun futuro solido ne per la professione fotografica, ne per le vostre aziende e ne per i vostri futuri clienti, che rimarranno a livelli non competitivi con il resto del mondo, in particolare con i fotografi dei Paesi emergenti.

E qui la faciloneria dovrebbe cedere il passo all’inventiva.

Pensiamo ancora che stare a guardare un “fessacchiotto” passatemi il termine, che scatta foto ad una “modella” o ad una falsa coppia di sposi possa essere utile a qualcuno e indicarci una via giusta verso nuove professionalità richieste per riposizionare l’intero comparto fotografico?

Non sarebbe meglio e utile, spendere il proprio tempo a ricercare nuove idee, attivare confronti su nuovi contenuti e nuove forme espressive per acquisire un proprio stile professionale ? Non sarebbe meglio e utile, investire in ricerca e studiare i meccanismi che coinvolgono la comunicazione visiva con linguaggi e strumenti moderni per nuove forme di promozione personale ?

Capisco che la filosofia aziendale del profitto non può attendere e deve fare utili tutti i giorni, ma una maggiore consapevolezza e una decisa riflessione sull’utilità anche sociale di figure professionali consapevoli e preparate, può essere nel tempo una ricchezza e una rinascita per questo settore che sta regredendo paurosamente.

La fotografia ha subito nell’ultimo ventennio una serie di rivoluzioni e grandi cambiamenti nel modo di intendere la professione, portando a una crisi diffusa delle attività impostate in modo tradizionale. L’avvento del digitale, poi la diffusione di strumenti “ibridi” per la fotografia come smartphone e infine i social media, hanno reso la fotografia accessibile alla massa, modificando i gusti, le abitudini e le possibilità di condivisione, trasmutandone perfino la funzione sociale.

Un panorama apparentemente apocalittico può nascondere anche grandi opportunità, per chi ha la capacità di ripensarsi e cambiare prospettiva.

Se è vero che la fotografia è diventata “di tutti” è vero anche che il mercato dei potenziali estimatori della fotografia professionale si è moltiplicato.

Se è vero che c’è immagine ovunque è vero anche che si sono moltiplicati i canali tramite il quale un bravo professionista può esprimersi.

Forse sarebbe il caso di rivedere alcune priorità e ascoltare la propria coscienza di formatori, dando risposte serie a reali richieste di apprendimento, di conoscenza, di cultura.

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Contest FIIPA 2015 – Alcune considerazioni

Correvano gli anni quaranta e il neonato MoMA assunse come vice presidente Ansel Adams, già allora notissimo fotografo, che scriveva “la fotografia è una delle arti più vigorose e popolari del nostro tempo” : non una forma di comunicazione, non uno strumento scientifico, non un documento, ma arte.
Da allora la forma espressiva che diciamo fotografia non fu più la stessa. Due binari diversi videro lo sviluppo della fotografia moderna.
1947, nasce Magnum Photos che sancisce il passaggio da una condizione di corporazione professionale a quella di gruppo d’autori. Concetto che ritenevo scontato oggi, ma evidentemente non tutti i soggetti, che ruotano attorno al mondo della fotografia, hanno coscienza di ciò che sono o che vorrebbero essere: autori.

Direte: ma che cosa c’entra con un FIIPA.

Nel 1971 cessano le pubblicazioni di “Look” e “Life” e l’informazione è ad uso esclusivo della televisione fino alla deflagrazione digitale , alla rivoluzione della rete globale.
A poco meno di un secolo e mezzo dalla sua nascita la fotografia smette di essere definitivamente un nuovo mezzo di comunicazione e da arte matura è superata da strumenti nuovi come televisione e video.

Che contaminazione abbiamo allora nel confronto con questi mezzi di comunicazione di massa, quale valenza ha la fotografia nel confronto ?
Congiuntura storica e culturale che incide sull’opera dei fotografi e che mostra la nascita di due pratiche quella della documentazione oggettiva e quella della fotografia concettuale. Due approcci diversi ma che devono rispondere entrambi alla sollecitazione di una società e di una cultura con rivolgimenti epocali.
Qualche anno fa, ad Orvieto, sfogliando con Frank la sua edizione francese di “Les Americains” ( per chi non sa, Frank è considerato il padre della fotografia moderna) facevamo paragoni con alcune storie fotografiche che avevano partecipato agli Award Fiof e lui, genio senza scheletri e brutture dell’anima, mi citava Larry Sultan e Mike Mandel che ruppero alcuni schemi concettuali di racconto fotografico pubblicando nel 1977 “Evidence”, in italiano Prova, mettendo in scacco la nozione stessa di fotografia d’autore, dando voce e valorizzando la fotografia anonima, che potremmo equiparare a quello che circola oggi su i social. In qualche modo intuiva che saremmo finiti anche ai “selfie”, che una nuova era stava per cominciare.

Ultima considerazione a vostro beneficio. Andate prima a guardare “The Family of Man”, mostra fotografica organizzata nel 1955 da Steichen e poi leggete cosa ne disse Barthes, che cito: “Tutto, contenuto e fotogenia delle immagini, discorso che le giustifica, mira a sopprimere il peso determinante ella storia – vecchissima impostura – ad esempio la nascita e la morte presenti come temi della mostra, se togliamo la storia, il racconto, non c’è più nulla da dire”.
Per cui le fotografie dovrebbero sempre raccontare una storia, dovrebbero parlarci, e non solo mettere in mostra enfasi lirica di puro manierismo.

Ancora una cosa, per chi ama la fotografia documentaria. Oltre al road movie di Frank, gustatevi lo story board drammatico di Van der Elsken “Love on the Left Bank” del 1956. Fatto ciò, troverete senza dubbio maggiore stimolo e passione ed una ragione in più nel considerare la partecipazione ad un qualsiasi Contest fotografico, in particolare al FIIPA.

Claudio Brufola

P.S.

Per coloro che badano alla forma e meno ai contenuti, per coloro che amano la fotografia e non hanno paura delle sfide, per coloro che non hanno un cazzo da fare tutto il giorno:

1. FIIPA avrà un vincitore assoluto
2. Ogni categoria FIIPA avrà un primo, un secondo ed un terzo classificato a cui verranno “associati” per comodità simboli quali: Gold Award, Silver Award e Bronze Award.
3. Foto meritevoli avranno “Menzioni speciali
4. Nelle varie categorie verranno giudicate le singole foto e non la somma delle varie foto presentate dal candidato, in quanto si giudica la foto non l’autore.
5. Nella sezione Storia sarebbe utile, per una maggiore comprensione della stessa, una breve descrizione dell’intento autoriale.

Locanda dei sapori: dare volto ad un Aroma

Ecco un nuovo ristorante che si affaccia nel mondo della creatività culinaria italiana. A guidare e dirigere il quartetto di giovani cuochi della locanda sono Daniele e sua moglie Laura.

Ho trascorso con loro alcuni giorni e  qui vedete alcuni scatti da me realizzati per comunicare questa nuova impresa della migliore tradizione gastronomica italiana. Sono stati momenti piacevoli, in compagnia dei due giovani imprenditori Daniele e Laura, che spinti da pura passione per la cucina hanno realizzato il loro sogno.

Come tutti i giovani Daniele è pieno di entusiasmo e contemporaneamente mostra timida cordialità, e da pochi giorni finalmente “patron” della sua locanda, Aroma.

L’esperienza con uno dei migliori chef italiani (Ristorante Vissani di Todi) fa maturare la tecnica e il concetto della sua cucina, così Daniele unisce nei sui piatti tradizione e innovazione, con moderna sensibilità lavora la materia prima con risultati inconsueti, lasciando riconoscere, nello stesso tempo, i sapori ed i profumi di cui abbiamo memoria.

Aroma è un piccolo locale, con una decina di tavoli, immerso nel verde della campagna umbra. Lo chef lo definisce come il luogo dove esprimere la propria filosofia di vita, il culto del buon cibo consumato in tranquillità,  in un ambiente che ne esalta il gusto. Concordo.

“La mia proposta culinaria segue le mie più profonde convinzioni professionali: ovviamente ingredienti genuini, con un’attenzione particolare al territorio cercando di recuperare piatti della tradizione, quelli che ci preparavano le nostre nonne, rivisitandoli in chiave moderna. Credo che la cucina debba essere ricerca ma anche conservarsi con i gesti della tradizione, quei gesti antichi che hanno reso la cucina italiana la più rinomata al mondo”.  Questo il concetto semplice che troverete nelle proposte di Daniele Guidantoni.

Fotografie di Claudio Bru

 

Progetto ExpoPhoto2015 Lishui, Cina.

Un’altra sfida da cogliere, un altro progetto da realizzare. Un impegno da mantenere.

Il progetto ExpoPhoto2015 prevede la realizzazione di un padiglione italiano di fotografia nella città di Lishui, Cina.

Sarà l’eccellenza della fotografia d’autore italiana in mostra. Nuovi talenti e linguaggi fotografici attuali illustreranno al meglio  e compiutamente il nostro Paese in Cina.

Una esibizione fotografica di quaranta autori, i migliori e i più significativi sul mercato per continuare a costruire il ponte di cultura e di conoscenza tra Italia e Cina.

In contemporanea con l’Expo Milano 2015,  ExpoPhoto2015 sarà un biglietto da visita della nostra Bella Italia per il popolo cinese, per incentivare l’attenzione e la partecipazione all’evento mondiale di Milano,  favorendo e sollecitando il turismo cinese verso le nostre regioni.

Made in Italy, cultura, storia e architettura delle nostre città saranno illustrate in quattrocento fotografie d’autore, dieci per ogni artista,  nella più grande mostra fotografica mai realizzata in Cina.

Metteremo in mostra l’attività e la passione racchiuse in una selezione pregevole della fotografia italiana e, contemporaneamente, valorizzeremo prodotti e servizi tipicamente italiani nel continente cinese.

ExpoPhoto2015 si configura come una missione culturale e nel contempo di business, vuole offrire opportunità e la conoscenza dei nostri prodotti  con possibili scambi commerciali anche per quei settori artigianali artistici e della piccola impresa che nessuna istituzione sostiene ed incentiva nel mercato più grande del mondo.

ExpoPhoto2015 sarà un esempio del “fare dal basso”, di semplicità, concretezza e  partecipazione, per contrastare il declino della nostra cultura e del nostro stile di vita, promuovendo il “genio italiano”.
www.expophoto2015.net

 

Le Puglie, storie di terre e di vini – di Anna Gennari

Il racconto di un viaggio alla scoperta della regione attraverso i suoi vini.

Andrea Zanfi, toscano, autore fervente di ben oltre 50 pubblicazioni, insignito di riconoscimenti nazionali, europei e mondiali, racconta il vino pugliese nel libro Le Puglie, storie di terre e di vini, edito dalla Salvietti & Barabuffi Editori. “Un incontro casuale ma immediatamente costruttivo”, un racconto delle Puglie tanto diverse che emozionano, un viaggio antico che dagli antichi territori di Dauni, Peucezi e Messapi prende piede in un turbinio di immagini, storie e vitigni. Dopo anni di riflessioni, accumulate percorrendo in lungo e in largo l’Italia – dalla Sicilia al Friuli, dal Piemonte alle Marche, dal Veneto alla Lombardia, alla sua Toscana – e visitando direttamente oltre un migliaio di aziende, Zanfi continua dunque nel suo viaggio indagatore nel comparto vitivinicolo italiano e giunge in terra di Puglia. Il suo è un meticoloso ritratto della viticoltura pugliese e sui suoi tre vitigni autoctoni più rappresentativi: il bizantino Negramaro, l’elegante Nero di Troia e l’impetuoso Primitivo di Manduria, attraverso 39 aziende, sparse su tutto il territorio. L ’opera si avvale non solo del racconto di viaggio vissuto dall’autore nella regione dei trulli, ma anche di un reportage fotografico, realizzato dal fotografo romano Claudio Brufola, che ha raccontato in maniera vivace, fresca, nuova, la vocazione vitivinicola del territorio e i luoghi della regione più interessati da questa produzione. Con il tatto di uno stile affermato, che distingue la sua fotografia, ha saputo far risplendere quello che purtroppo non sempre viene compreso: la bellezza. I mpreziosiscono il volume la copertina Aspetto Lei dell’artista enoica salentina Arianna Greco, la collaborazione di Pasquale Porcelli, consigliere nazionale dell’ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) e quella di Vincenzo Rizzi in qualità di consulente gastronomico. Andrea Zanfi da diversi anni sta effettuando un lavoro attento e capillare, ricercando non solo la migliore produzione enologica della nostra penisola ma soprattutto gli aspetti culturali che regolano i complessi comparti vitivinicoli delle regioni italiane, andando a sondare non solo il presente e il possibile futuro del settore, ma anche le scelte e le iniziative di tutti quei vignaioli che hanno saputo porsi all’attenzione del mercato nazionale e internazionale. L e Puglie, storie di terre e vini è un libro di immagini, di viaggi e di incontri con i protagonisti dell’enogastronomia di questo splendido territorio baciato dal sole e lambito da due mari, e come lui stesso racconta nell’introduzione, torna in Puglia dopo quasi quarant’anni per andare a riscoprire una penisola immensa e tanto lunga da dar l’impressione di non finire mai, ma che continua a stupire.

Il suo, come narra l’autore, è un viaggio attraverso “terre ricche di natura fantasmagorica, decifrabili a fatica nel susseguirsi ininterrotto di elementi solo a prima vista uguali, e invece così diversi uno dall’altro, anche a pochi chilometri di distanza”. Zanfi racconta la Puglia attraverso i dialoghi con i protagonisti dell’enologia pugliese, con quei personaggi che lavorano ogni giorno con costanza e sudore per ottenere grandi risultati: dallo sperone fino al tacco, per incontrare il Mediterraneo, dalle cave di Apricena sino agli strapiombi rocciosi del profondo sud, dall’area di Noicattaro a quella di Rutigliano, da Adelfia a Polignano e Conversano, così come a Canosa e Cerignola, fino al tarantino, la Messapia.

E poi Foggia, il Colosso di Barletta, la magnificenza della Cattedrale di San Nicola pellegrino a Trani, la città di Troia, le mura di Lucera e le cantine di San Severo, abbracciando Castel del Monte e Minervino o il vecchio borgo di Bari fino ad arrivare a Santa Maria di Leuca. Un libro da leggere, da consultare, da tenere in biblioteca, da sfogliare e da gustare con gli occhi, ma anche la possibilità di vedere sul web le immagini in un video-racconto edito da eblu.it . Un nuovo ed importante tassello che consente a tutti i lettori, siano essi semplici appassionati o professionisti del mondo del vino, di avere una fotografia dettagliata del fermento enologico pugliese e dei suoi protagonisti. Da segnalare “Lands people wine” la raccolta di 34 scatti d’autore, tutti rigorosamente in bianco e nero, realizzati per il volume “Puglie, storie di terre e vini” da Claudio Brufola, in mostra a Eataly Roma dal 5 giugno al 31 agosto, in collaborazione con Agi, Agenzia Giornalistica Italiana. Immagini vere che raccontano le terre pugliesi e le persone che le trasformano attraverso la cultura millenaria dedicata alla viticultura, valorizzando questo splendido territorio, perché, come dice l’autore “Nel nostro Paese bello la storia si può vivere nel sapore rosso di un vino forte, nel profumo dell’erba tagliata, in un cielo eterno che ha mille anime da raccontare“.

Fotografia corporate e reputazione aziendale.

La fotografia aiuta ad aumentare la reputazione di una azienda? Se l’azienda tiene alla sua reputazione, si. Se l’azienda ha una reputazione, si. Se l’azienda ha persone che capiscono questo concetto, si.

Tutte le imprese utilizzano lo strumento di comunicazione  per immagini o visual communication, ma non tutte hanno la capacità  di portare risultati o lo fanno in modo efficace, alcune in modo inconsapevole, altre in modo decisamente errato.

La fotografia riproduce l’immagine del mondo declinandola in diversi modi con forza e violenza o con pacata delicatezza usando il gioco di chiaroscuri, come i pittori sanno fare, ma in modo ancora più approfondito.

Con l’immagine fotografica possiamo modificare la realtà o anche renderla migliore. Il linguaggio forte  che la fotografia ha non è quello descrittivo, ma evocativo. Una sola immagine, può raccontare anni di vita, storie di generazioni future. La capacità narrativa della fotografia ha efficacia comunicativa incredibile, che spesso supera la stessa parola scritta attribuendo ad essa un valore aggiunto e nel migliore dei casi sostituendosi ad esse.
Il potere contenuto in una foto, già notevole di per sé, nell’era del web odierno nel quale i contenuti sono infiniti e immediatamente disponibili, risulta addirittura amplificato, perché un’immagine lascia il segno e può più di mille parole scritte e non lette o scorse distrattamente, senza residui nella mente.

Velocità e poco tempo per l’informazione ci impongono che la percezione del messaggio deve essere immediato. Trasmettere sensazioni, concetti, stili di vita, prima di semplici dati che richiedono analisi e tempo a disposizione. Il ruolo dell’immagine è anche questo, cogliere mnemonicamente infiniti messaggi che come milioni di bit formano poi i concetti che fissiamo nella nostra coscienza visiva a supporto di idee e di ricordi o di speranze e sogni. La comunicazione di massa si fa con le immagini non con le parole.

La comunicazione è  sempre più in rete, la rete vuole trasparenza,  e cosa hai da mostrare se non la tua faccia ? Dunque pensa a come mostrare al meglio la tua faccia.

Una fotografia di qualità indirizza l’attenzione di chi osserva sul messaggio che l’autore intende comunicare, rafforzandone al tempo stesso la potenza espressiva e le potenzialità di diffusione virale. Il suo decente utilizzo nella comunicazione è indispensabile. Nella comunicazione aziendale non si può prescindere da questo strumento efficace e potente: l’immagine illustra l’identità di un’azienda, fondamentale per la sua comunicazione esterna, ne supporta la reputazione, ne fissa i canoni, ne esalta le qualità.

L’identità aziendale è ovviamente anche visiva e la fotografia ne è conferma e riassunto contemporaneamente, di ciò che l’azienda rappresenta ed è, il suo biglietto da visita e il luogo di riconoscimento, il post nella memoria del cliente.
Per cui la fotografia corporate deve trasmettere al meglio coerenza, uniformità, riconoscibilità di quella azienda .
La fotografia corporate è il marcatore visivo dell’azienda, l’immagine corporate trasmette i valori dell’azienda, ne descrive la mission e ne esalta la reputazione raccontandone la strategia, con un messaggio “trasparente” per tutti coloro che la vogliono conoscere.

Per cui affidarsi ad una fotografia di qualità è doveroso per un’azienda che vuole essere riconosciuta come positiva, trasparente, affidabile o semplicemente farsi “ricordare” e che voglia affermare, da leader,  la sua esistenza in mercati sempre più veloci e digitali.
La collaborazione con esperti fotografi e specialisti dell’immagine per la comunicazione aziendale è un investimento imprescindibile per un’azienda 3.0.

Il linguaggio universale nell’era della globalizzazione sono le immagini, le fotografie sanno farsi capire, parlano a tutti, a prescindere dalla lingua, dalla razza, dai luoghi.

Nell’attuale panorama della comunicazione il considerare la fotografia come elemento secondario o peggio quale orpello comunicativo non è solo un errore di strategia o di interpretazione, è un errore simile a quello che potrebbe compiere una specie che non si evolve, è un errore genetico, una involuzione della “specie aziendale”.

Le parole anche in questo contesto servono a ben poco, solo un’immagine racconta la sua potenza comunicativa in modo efficace. Provare per credere.

 

 

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Fotografia, tra arte e comunicazione

È vero, un’immagine vale mille parole.

Tocchiamo con mano tutti i giorni sui social network l’importanza che rivestono la fotografia, l’immagine nella comunicazione.

I numeri di quante fotografie vengono postate su i social network sono impressionanti, ma a guardare bene sono solo bit sparsi che poco hanno a che fare con la cultura fotografica, con racconti fotografici, con espressione artistica.

La fotografia è un modo di rappresentare o evocare aspetti della vita, uno stile di pensiero, una disciplina tra arte e comunicazione adatta per interpretare il mondo che ti circonda, pieno di verità e di menzogne, come la fotografia stessa. Molto si potrebbe aggiungere nel declinare questa disciplina sia in forma artistica che come semplice professione.Vero è che, per comunicare con efficacia, l’immagine non può essere decorativa e va scelta con cura, deve essere rilevante, esplicativa, evocativa e soprattutto catturare l’attenzione.

L’attenzione poi potremmo spostarla sul tema di come utilizzare la fotografia, un uso dell’immagine in modo diverso dai tradizionali stili, deve essere nei pensieri e nella pratica di chi cerca nuovi modi di comunicare, nuovi modi di trasmettere informazioni importanti, soprattutto che lascino il segno.

Fotografare significa appropriarsi della cosa che si fotografa. Significa stabilire con il mondo una relazione particolare che dà una sensazione di conoscenza, e quindi di potere“, diceva Susan Sontag, nulla di più esatto parlando di conoscenza, perché sapere è anche potere.

Di citazione in citazione, per porre attenzione su altro aspetto che aiuta a capire cosa vi sia nelle categorie fotografiche, viene bene ricordare ciò cha Adams concentrava in una semplice espressione, “Ho sempre pensato che la fotografia sia come una barzelletta: se la devi spiegare non è venuta bene“. Qui cogliamo un concentrato della questione che è a monte di discussioni attuali su ruolo ed il significato di fotografia. Esistono ancora pubblicazioni che, non per individuare le date di realizzazione, ma per semplice ignoranza nel saper leggere un’immagine, appongono una bella e forbita didascalia sotto sminuendo così la carica creativa e artistica di una immagine. Mai visto una mostra di pittura dove sotto un quadro ci sia la spiegazione critica dell’opera, segno che ancora l’espressione fotografica appartenga alle arti minori a detta di molti, non considerando che recentemente la fotografia è entrata prepotentemente nei santuari della vendita all’asta di patrimoni artistici come Sothesby’s; basta vedere le quotazioni della stampa di Edward Weston’s “Two Schells” venduta la scorsa primavera per la cifra di 533.000 dollari.

“In fondo la fotografia è un modo più sbrigativo per fare una scultura” affermava Robert Mapplethorpe la cui mostra “La perfezione nella Forma” fu esposta a Firenze nel 2009 nella galleria dell’Accademia, accostando queste opere ai capolavori di Michelangelo.

Ma questa è un’altra storia.

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“Lands people wine” dal 5 giugno a Eataly Roma.

In collaborazione con Agi, Agenzia Giornalistica Italiana,  la mostra fotografica di Claudio Brufola a Eataly Roma. i 34 scatti d’autore, tutti rigorosamente in bianco e nero, dal 5 giugno al 31 agosto.

Lands people wine” è una raccolta di fotografie d’autore realizzate per il volume “Puglie, storie di terre e vini”. Immagini che raccontano le terre pugliesi e le persone che le trasformano attraverso la cultura millenaria dedicata alla viticultura valorizzando questo splendido territorio.

Un racconto fotografico che descrive e valorizza la storia di tanti imprenditori con la vocazione di produrre eccellenze rispettando i luoghi ed il territorio di questa meravigliosa regione.

Il reportage è un diario di viaggio, di incontri con i protagonisti dell’enogastronomia pugliese, di questo territorio baciato dal sole e lambito da due mari, una penisola immensa e lunga da dar l’impressione di non finire mai.

Negli scatti dell’autore ciò che colpisce è la capacità di rendere vive le emozioni delle tante storie stratificate nelle campagne e nei territori pugliesi. Un dialogo intenso e carico di emozioni che Claudio Brufola ha saputo instaurare tra la cultura del vino, i suoi protagonisti e quella dei beni ambientali ed architettonici di Puglia.

Uno sguardo originale e creativo, quello dell’autore, che coglie con maestria le passioni, i successi delle tante genti dedite a produrre ottimi vini e che giustamente sono rappresentate soggettivamente in bellissime immagini, tutte rigorosamente in bianco e nero.

Nel nostro Paese bello la storia si può vivere nel sapore rosso di un vino forte, nel profumo dell’erba tagliata, in un cielo eterno che ha mille anime da raccontare“.

Un saggio che evoca sentimenti positivi carichi di storia, di tradizioni, con immagini raffinate e dal denso significato visuale, che danno volto e anima ai vitigni autoctoni come il Negramaro, il Nero di Troia, il Primitivo.

Un sogno ad occhi aperti che la luce bellissima e particolare di Puglia ha offerto all’autore per realizzare questo viaggio raccontato attraverso mille volti che riflettono culture millenarie e innovazioni recenti.

Per cui luci ed ombre per disegnare le perle dell’enogastronomia, paradisiache visioni di bellezze naturali uniche, che fanno da compendio a tutto il racconto fotografico, evocate perfettamente in queste immagini.

Un racconto che oltrepassa la semplice raffigurazione, molto bello e significativo, fuori dai soliti clichè che mostrano sempre la solita bottiglia o bicchiere in mano, mortificando l’immagine di questo mondo tutto ancora da valorizzare.

Un patrimonio, quello dell’universo dei vini di Puglia, raccontato in maniera vivace, fresca, nuova da Claudio Brufola. Con il tatto di uno stile affermato, che distingue la sua fotografia, ha saputo far risplendere quello che purtroppo non sempre viene compreso: la bellezza.

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Le Puglie, storie di terre e vini è un racconto affascinante sulla viticoltura pugliese, rappresentata dai tre vitigni autoctoni, Negramaro, Nero di Troia e Primitivo di Manduria, e attraverso 39 aziende, sparse su tutto il territorio, che hanno aderito al progetto. Progetto composito che si avvale non solo del racconto di viaggio vissuto dall’autore nella regione dei trulli, ma anche di un reportage fotografico, realizzato dal fotografo romano Claudio Brufola, che descrive e valorizza la vocazione vitivinicola del territorio e i luoghi della regione più interessati da questa produzione. Le Puglie, storie di terre e vini è un libro di racconti, di viaggi e di incontri con i protagonisti dell’enogastronomia di questo splendido territorio baciato dal sole e lambito da due mari. Andrea Zanfi, come lui stesso racconta nell’introduzione, torna in Puglia dopo quasi quarant’anni per andare a riscoprire una penisola immensa e tanto lunga da dar l’impressione di non finire mai. Il suo, come scrive, è un viaggio attraverso “terre ricche di natura fantasmagorica, decifrabili a fatica nel susseguirsi ininterrotto di elementi solo a prima vista uguali, e invece così diversi uno dall’altro, anche a pochi chilometri di distanza”. Lo scrittore racconta il suo viaggio attraverso gli incontri con i protagonisti dell’enologia pugliese, con quei personaggi che lavorano ogni giorno con costanza e sudore per ottenere grandi risultati: dallo sperone fino al tacco, per incontrare il Mediterraneo, dalle cave di Apricena sino agli strapiombi rocciosi del profondo sud, dall’area di Noicattaro a quella di Rutigliano, da Adelfia a Polignano e Conversano, così come a Canossa e Cerignola, fino al tarantino e al Gargano. E poi Foggia, il Colosso di Barletta, la magnificenza della Cattedrale di San Nicola pellegrino a Trani, la città di Troia, le mura di Lucera e le cantine di San Severo, abbracciando Castel del Monte e Minervino o il vecchio borgo di Bari fino ad arrivare a Santa Maria di Leuca. Quello in Puglia è un viaggio che non sembra arrivare mai alla sua fine, ma che nonostante questo continua a stupire.